Per il quinto appuntamento con le nostre NetAcad’s stories torniamo dall’altra parte dell’aula, ovvero la cattedra dei docenti.
A raccontarci il suo percorso, quasi come se si trattasse di un flusso di coscienza, è Lorenzo Ferraro, 39 anni, anche lui originario della meravigliosa Napoli.
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Sono sempre stato un grande appassionato di tecnologie, passione che mi ha portato alla laurea in ingegneria delle telecomunicazioni. Da lì il percorso per il conseguimento delle certificazioni Cisco e poi il passaggio a docente.
I miei genitori erano entrambi insegnanti. Mi hanno fatto capire la responsabilità che c’è dietro la parola “insegnare”. Quando si insegna qualcosa a qualcuno, gli “imprimiamo” una nuova conoscenza, gli trasferiamo idee e anche, perché no, un pezzettino della nostra passione e di noi.
Durante l’insegnamento quello che più mi preme è evitare che ci sia un freddo passaggio di informazioni; l’esperienza aziendale in questo mi aiuta, mi permette di accompagnare ai concetti teorici storie di vita vissuta! Inoltre, sembrerà strano, ma insegnando si impara… le curiosità degli studenti danno il là a nuovi scenari. Un po’ allarghiamo il concetto di “insieme si vince”, ma ci aggiungiamo anche “insieme si impara e poi si vince”. Forse è proprio questo il momento più bello, respirare l’energia della collaborazione.
La parte che più preferisco resta sempre però il rapporto umano con gli studenti. La mia missione non è solo insegnare loro i concetti di networking, ma smussare o esaltare alcuni loro aspetti caratteriali, trasmettergli le regole della realtà aziendale in modo da rendere indolore quel fatidico passaggio studente – lavoratore.
Una frase che spesso dico loro è “Non lavorate di quantità, ma tanto di qualità.”
I nostri corsi non fanno parte della scuola dell’obbligo. Questo per dire che ogni studente è un universo a sé stante. C’è il neolaureato brillante, il lavoratore che vuole migliorare il suo know how e c’è chi o un lavoro non ce l’ha o vuole cambiarlo. Su ognuno di loro c’è un approccio diverso da percorrere, che va dal frenare gli entusiasmi egocentrici, al ridare speranza ad altri e spesso rinfondere fiducia. Una bella sfida insomma, che è alla base delle motivazioni di ogni corso che affrontiamo. Si parlo al plurale… perché è un gioco di squadra, staff – studenti, ognuno con il suo ruolo fondamentale. Questo del gioco di squadra è un concetto semplice ma difficile, soprattutto all’inizio ma che diventa naturale alla fine… e cosi, in punta di piedi, ognuno di loro diventa un po’ parte di te, ognuno di loro ti lascia un segno.
Se penso al futuro, mi vedo esattamente lì, tra i banchi, con qualche ruga in più ma con ancora tanta voglia di imparare…».
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L’articolo è stato scritto in collaborazione con Elisa Vavassori.
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