Come realizzare edifici intelligenti
Da marzo 2020, lo scenario mondiale è radicamente cambiato: il mondo professionale si è trovato immerso in un vero e proprio tzunami che ha cambiato il modo di lavorare di milioni di lavoratori.
Le due parole remote working, in italiano tradotte nel passato come “lavoro agile”, fino ad allora note praticamente solo agli addetti ai lavori, sono diventate un patrimonio comune e citate quotidianamente nelle conversazioni di lavoro e sui differenti media più in generale.
C’è addirittura chi sostiene che ben difficilmente si tornerà come a prima dello scoppio della pandemia da SARS-COV-2 e, anche se probabilmente è troppo presto per poterlo affermare con certezza, questa convinzione ha sicuramente la sua ragione d’essere.
D’altra parte, nel mondo nei passati decenni sono stati costruiti migliaia di edifici, per utilizzarli come luoghi e spazi di lavoro e negli anni più recenti sono state sviluppate tecnologie sempre più sofisticate per la loro gestione e la loro manutenzione efficiente.
Non è dunque pensabile un cambio di rotta così radicale in un tempo ristretto: le esperienze di questi ultimi mesi stanno insegnando a parecchie aziende che è possibile concepire spazi di lavoro differenti, più flessibili e adattabili alle situazioni più critiche, ma stanno anche confermando il fatto che la governance del singolo luogo di lavoro o dell’intero edificio continua a trarre enormi benefici dai processi di automazione, sviluppati e messi in atto nel passato.
Ecco perché, come nelle vecchie fiabe, mi piacerebbe iniziare questa conversazione con un bel “C’era una volta il WaterPark Place …”, ma mi rendo conto che sarebbe poco professionale, se pur divertente.
Il motivo per cui ritengo interessante raccontare questa vera e propria avventura del recente passato è perché, come dicevo poc’anzi, edifici come il WaterPark Place continuano a rappresentare un’eccellenza anche in periodi di pandemia e sono forse gli unici in grado di mantenere la loro ragion d’essere proprio per i criteri di progettazione e di realizzazione che sono intervenuti in corso d’opera. Al lettore che, generoso, avrà avuto la pazienza di leggere questa storia, lascio la scelta di confermare o meno questa mia profonda convinzione.
L’edificio, di cui stiamo parlando, noto come WaterPark Place III, è situato nella zona centrale di Toronto in Canada, vicino al porto. E’ un grattacielo di 30 piani, occupa una superficie complessiva di 120 mila metri quadri circa: la sua costruzione effettiva è iniziata nel 2011 ed è terminata 3 anni più tardi, nel 2014.
Proprietaria del grattacielo è la società Oxford Properties, appartenente al gruppo OMERS, uno dei fondi pensione più importanti del Canada, la quale, come investitore immobiliare di dimensioni internazionali vanta un ampio portafoglio di proprietà, uffici, residenze, centri commerciali e alberghi, che provvede a gestire direttamente, attraverso le sue strutture regionali distribuite nei diversi paesi.
Attualmente l’edificio è stato scelto come sede di diverse aziende, tra cui segnaliamo la banca Royal Bank of Canada (RBC) e, per motivi che saranno più chiari nel prosieguo dell’articolo, la filiale canadese di Cisco che occupa 4 piani dell’intero grattacielo.
Fin dalla sua progettazione iniziale, tale grattacielo ha raggiunto risultati sorprendenti e unici nel suo genere e sarebbe già di estremo interesse analizzarli in dettaglio uno per uno.
Ad esempio, è stato il primo edificio di Toronto a raggiungere la certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) Platinum Core & Shell. A questa si è successivamente aggiunta la certificazione BOMA (Building Owners and Managers Association) BEST Platinum, una certificazione che premia gli edifici maggiormente sostenibili, in termini soprattutto di risparmio nei consumi energetici e idrici.
È stato uno dei primi edifici nell’intero nord America ad essere dotato di un impianto di condizionamento, basato nativamente sul protocollo IP.
E potremmo continuare a lungo, raccontando le caratteristiche dei diversi impianti installati a servizio dell’intero edificio, sia quelli utilizzati dal personale che presiede alla sua manutenzione, sia quelli direttamente utilizzati dalle persone che quotidianamente entrano e “vivono” l’edificio stesso.
Ad esempio, per raggiungere il proprio ufficio utilizzando uno dei tanti ascensori presenti, è sufficiente indicare il piano di destinazione e il sistema di controllo centralizzato provvederà direttamente a selezionare l’ascensore più opportuno.
Come anticipato poc’anzi, abbiamo trovato altrettanto (se non maggiormente) interessante, raccontare la genesi del progetto, i passi intrapresi dall’investitore immobiliare e, soprattutto , dal general contractor, per realizzare l’opera, mantenendo sotto controllo i costi di costruzione e realizzando una infrastruttura che anche oggi consente di avere dei costi operativi, assolutamente sotto la media. Alla luce di quello che molti lavoratori stanno vivendo, questo fatto si sta dimostrando vincente.
Partiamo dunque dai protagonisti della storia: abbiamo parlato dell’investitore immobiliare e ora introduciamo il general contractor, la società EllisDon Corporation, società canadese con più di 2500 dipendenti, specializzata nella realizzazione di edifici commerciali di tutte le dimensioni e per gli scopi più diversi.
Come si può leggere sul sito web ufficiale della società, EllisDon tende a sviluppare i suoi progetti, ricercando e utilizzando le più recenti tecnologie hardware e software, spesso anche quelle non ancora del tutto consolidate sul campo.
Grazie a questa attitudine, già a partire dai primi anni 2000, la società si era messa alla ricerca di partner tecnologici in grado di aiutarla a “creare edifici intelligenti”, come spesso ha ricordato Stephen Foster, in quegli anni Managing Director dell’Information, Communication, Automation & Technology Group in EllisDon.
In questa ricerca, EllisDon ha incontrato e stretto una proficua collaborazione con Cisco Canada, già anni prima della costruzione del grattacielo WaterPark Place III: quello che soprattutto ha unito le due aziende in una partnership molto stretta è stata la visione condivisa sui modelli organizzativi che possano favorire la realizzazione di edifici smart, sulle soluzioni implementative da adottare e sui risultati verificabili, che permettano di dichiarare la costruzione finale, un edificio veramente “intelligente”.
Partiamo dai modelli organizzativi: come si può osservare dalla figura seguente, l’introduzione della figura del “Technology Contractor”, figura distinta dal profilo “Meccanico” e da quello “Elettrico”, introduce un elemento di novità, difficilmente reperibile nelle organizzazioni che si occupano di costruzioni, almeno in Italia.
Fig. 1 – Nuovo modello organizzativo proposto per la realizzazione di smart buildings
I cosiddetti “impianti speciali”, normalmente gestiti dal contractor elettrico, vengono in questo modo valorizzati e considerati un elemento specifico dell’edificio in costruzione, da progettare e realizzare in maniera congruente e integrata con tutto il resto, in parallelo con gli altri impianti, anzi in determinati casi, in anticipo rispetto ad altri sottosistemi.
Avendo scelto, ad esempio, un impianto HVAC basato sul protocollo IP e sulla tecnologia “Power over Ethernet”, per il palazzo WaterPark Place III, si è dovuto necessariamente procedere ad installare il nucleo principale dell’infrastruttura di rete IP, per poter verificare il corretto funzionamento dell’intero impianto di condizionamento, prima ancora di procedere al montaggio delle pareti divisorie dei vari piani e di tutto ciò che ne deriva, ad esempio, dal punto di vista elettrico.
Queste decisioni non si prendono a cuor leggero, dato che comportano anche un diverso approccio alla costruzione effettiva dell’edificio, con diverse schedulazioni delle maestranze e una diversa organizzazione del lavoro dei vari attori.
Il fatto che in questo progetto ciò sia stato concretamente deciso e attuato è dovuto a nostro avviso alla lungimiranza della proprietà, unita alla perseveranza e all’audacia, oserei dire, del general contractor.
Durante la realizzazione del progetto, infatti, Oxford Properties, ha accettato di incontrare gli specialisti di Cisco e di ascoltare le loro esperienze in giro per il mondo relative alla realizzazione di edifici intelligenti e connessi.
Nel corso di diverse riunioni, sono state presentate tecnologie, casi d’uso e casi di successo di palazzi, in grado di ridurre i consumi di energia e i costi operativi, pur migliorando l’esperienza utente.
Stephen Foster, di EllisDon, è diventato, a questo punto, la persona chiave, il coordinatore di queste riunioni di pianificazione.
Per diversi mesi, sono stati messi a confronto progetti e metodologie di costruzione di grattacieli di tipo “tradizionale”, con quelli proposti dalla practice di Cisco Smart Connected Building, cercando di confrontare tutti i possibili aspetti dell’opera, i modelli implementativi, i costi e i benefici, dal punto di vista dell’investitore immobiliare, del general contractor, del facility manager e del generico utilizzatore finale.
A questa approfondita analisi hanno partecipato rappresentanti di tutte le aziende coinvolte a vario titolo nel progetto: stiamo parlando di 11 aziende, alcune di profilo internazionale, come Panduit, Delta Controls e Philips Lighting (oggi Signify).
Ognuna ha portato il suo contributo specifico e non è stato assolutamente facile il coordinamento di tutte queste esperienze: il contributo di Cisco in questa fase è stato determinante.
È infatti riuscita a dimostrare, prima di tutto, la fattibilità dell’integrazione delle classiche tecnologie di contesto, (sistema di illuminazione, condizionamento, CCTV etc.) con quelle più vicine al mondo ICT (sistema telefonico, video conferenza, wi-fi, digital signage etc.).
In secondo luogo, assieme alle altre aziende coinvolte nel progetto, ha dimostrato che l’introduzione di una sola rete IP, in grado di utilizzare la tecnologia Power over Ethernet (PoE), dove tutti i sotto-sistemi di edificio convergono assieme, era in grado di ridurre le spese operative e quelle in conto capitale.
Sarebbero poi seguiti ulteriori vantaggi in termini di gestione automatizzata delle facilities dell’intero grattacielo.
Tenuto conto dei tempi in cui questi avvenimenti hanno avuto luogo, bisogna riconoscere che questa avventura è stata davvero quasi la realizzazione di una grande sogno: EllisDon ha avuto il placet da parte della proprietà a procedere nella realizzazione effettiva del palazzo e, a questo punto, Cisco è intervenuta direttamente per assistere il General Contractor ad integrare i sistemi di building management, con i sistemi IT presenti.
La tecnologia Power over Ethernet (PoE) è nota nel mondo IT da più di 20 anni: è stata utilizzata all’inizio per realizzare un primo modello di convergenza, ovvero per trasportare la voce sul cavo ethernet così come avveniva già allora per i dati. Alla fine del secolo scorso, infatti, sono sorte le prime aziende che hanno offerto ai propri clienti, dei terminali telefonici, basati sul protocollo IP, collegati e alimentati direttamente dal cavo ethernet.
Da queste prime realizzazioni, si è proceduto senza interruzioni, con soluzioni sempre più interessanti e con integrazioni sempre più estese: il mondo IT ha avuto il merito di credere nella tecnologia e di procedere nella definizione di standard condivisi e con capacità crescente, in modo che venisse sempre garantita l’interoperabilità dei vari prodotti, che man mano venivano rilasciati sul mercato.
Ad oggi, l’ultimo standard disponibile, lo standard IEEE 802.3bt, garantisce una capacità di alimentazione dei dispositivi fino a 100 Watt, rendendo di fatto il numero di oggetti alimentabili dal cavo ethernet praticamente illimitato.
Nell’ambito delle costruzioni, non si è proceduto con la stessa rapidità, ma, nonostante alcuni ritardi che si sono dovuti scontare nel passato, oggi tutti i maggiori fornitori di tecnologia digitale, hanno a catalogo apparati e componenti che possono essere alimentati via PoE e il numero di tali oggetti aumenta di giorno in giorno come si può vedere nella figura 2.
Questo fatto offre ai vari attori del mercato Real Estate, investitori, progettisti, general contractors, facility managers etc. un ventaglio di nuove soluzioni, difficilmente immaginabili, solo qualche anno fa.
Fig. 2 – Dispositivi digitali alimentabili con la tecnologia Power-over-Ethernet (PoE)
Nel caso del progetto WaterPark Place III, ad esempio, i controllori applicativi dell’impianto di condizionamento (HVAC), sono stati progettati e costruiti direttamente dal produttore Delta Controls per essere alimentati via PoE e per supportare nativamente il protocollo IP. È stato il primo caso in Canada e probabilmente in tutto il Nord America, dove siano stati installati più di 1.800 controllori alimentati direttamente dall’unica infrastruttura di rete, in grado di controllare più di 13.200 punti all’interno dell’intero edificio (vedi foto n. 3).
Fig. 3 – Delta Controls VAV (Variable Air Volume) Controller
La realizzazione del WaterPark Place III si è svolta talmente in linea con la visione di “edificio intelligente” portata avanti da Cisco, che la compagnia ha pensato bene di trasferire in esso la propria sede canadese, andando ad occupare 4 piani del grattacielo e di realizzare all’interno uno dei suoi “Innovation Centers”, dedicato proprio alle tecnologie IoT, applicabili e applicate alle città e agli edifici smart.
Inoltre, all’interno dei propri spazi, Cisco assieme a Signify, ha realizzato un ulteriore livello di integrazione, andando ad utilizzare la tecnologia PoE anche per il sistema di illuminazione a LED. A soffitto sono stati installati 1400 lampadari a LED e sono stati tutti collegati alla rete di edificio esclusivamente tramite connessioni ethernet, senza utilizzare bus tradizionali tipo DALI e senza utilizzare trasformatori AC/DC.
L’alimentazione PoE e il supporto IP nativo hanno permesso al personale IT di Cisco di utilizzare il sistema di gestione “Envision Manager” di Signify, per raccogliere i dati di campo e ottimizzare l’utilizzo del sistema di illuminazione.
La maggior parte dei corpi illuminanti sono stati dotati di speciali sensori in grado di monitorare la temperatura ambientale, il livello di illuminazione e la presenza di persone: in questo modo, in tempo reale, il facility manager è in grado di avere una chiara comprensione dello stato del sistema e di definire di conseguenza delle politiche di contenimento dei costi e di ottimizzazione degli spazi.
Allo stesso modo, essendo il sistema di illuminazione connesso alla stessa rete fisica dove sono attestati i servizi IT, quali, ad esempio, il servizio Wi-Fi, è stato possibile progettare e rilasciare successivamente a tutti gli impiegati, una APP per smartphone, in grado di interagire con i sistemi di automazione di edificio, consentendo loro una miglior gestione del proprio spazio di lavoro.
Per essere più precisi, ad ogni impiegato viene associato un profilo personale, che viene applicato in maniera automatica, ogni qualvolta egli seleziona una specifica postazione di lavoro, la quale, in base alle esigenze, potrebbe essere diversa giorno per giorno.
In tal modo, si responsabilizza ogni dipendente, rendendolo autonomo, in grado di migliorare il proprio comfort e, di conseguenza, la produttività personale.
Ci sarebbero molte altre cose da raccontare del WaterPark Place III, sia in riferimento ai sistemi di edificio, che risultando tra loro interconnessi, consentono una avanzata operatività e una consistente riduzione dei costi associati, sia in riferimento alle nuove modalità di lavoro, che in un tale contesto sono state rese possibili: ma lo spazio a nostra disposizione è praticamente terminato.
Volendo riassumere in poche parole, possiamo dire questo: abbiamo cercato di raccontare come è nato il progetto WaterPark Place III e quali elementi sono stati determinanti per la sua realizzazione, rivelatasi così innovativa allora e di assoluto interesse anche oggi, in piena pandemia, soprattutto per i potenziali sviluppi di alcuni servizi: stiamo pensando, ad esempio, al sistema di illuminazione a LED realizzato da Signify e Cisco. Così come è stato progettato, potrà consentire in futuro l’introduzione semplice e graduale della tecnologia VLC (Visible Light Communication), nota anche sotto il nome di Li-Fi, in analogia con la più famosa tecnologia Wi-Fi.
Gli avvenimenti che hanno portato alla realizzazione del WaterPark Place III non sarebbero potuti avvenire se la proprietà e il general contractor non avessero voluto sperimentare nuovi modelli organizzativi, nella costante ricerca di maggiori risparmi in conto capitale e una maggior efficienza operativa nella gestione dell’intero edificio, al termine della sua realizzazione effettiva. Avendo, però, sempre in mente i futuri utilizzatori dell’edificio stesso, ovvero la loro sicurezza e il loro comfort.
Bisogna infine dare atto a tutte le aziende coinvolte a vario titolo nel progetto di aver partecipato con altissimo spirito di collaborazione, cercando di guardare più al quadro d’insieme, che non alle proprie specificità “verticali”.
Per chi vuole spendere qualche minuto del proprio prezioso tempo, consiglio la visione di questo filmato riassuntivo realizzato da Cisco: “Working in the Smartest Office Building in the World”.
Alla fine sarà altrettanto evidente come anche la progettazione degli spazi di lavoro abbia seguito gli stessi criteri adottati per gli impianti e i servizi tecnologici, garantendo al facility manager una facile ridistribuzione e riallocazione degli spazi fisici, per venire incontro alle mutevoli necessità dei lavoratori, oggi più che mai legate alla, oserei dire, volubilità di questo virus, così piccolo, ma così pericoloso da sconvolgere il mondo intero!