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Smart Working Technologies: 3 errori da evitare!

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Negli ultimi anni ho vissuto da vicino il fenomeno Smart Working seguendo clienti sul campo, partecipando a workshop con aziende e Università, ma soprattutto avendo la fortuna di vivere in prima persona questo nuovo modo di lavorare.

Se ne parla molto, ma non è affatto scontato fare vero Smart Working. Spesso mi sono sentito invidiato, anche da colleghi di altre aziende molto “cool”, per il fatto di poter lavorare in un contesto tecnologico e organizzativo che permette realmente di raggiungere i miei obiettivi professionali da qualsiasi luogo e in qualunque momento.

Non è sufficiente mettere un biliardo nell’area break, concedere il telelavoro da casa un giorno alla settimana o distribuire PC portatili per ottenere tutti i benefici di produttività ed efficienza offerti dal lavoro agile. Per il successo di un progetto di Smart Working bisogna adottare un approccio multidisciplinare coinvolgendo in azienda le persone che si occupano di spazi di lavoro, di organizzazione e soprattutto di tecnologie.

La tecnologia gioca un ruolo fondamentale nel processo di digitalizzazione dell’ufficio e, se banalizzata, può essere la causa del fallimento del progetto. Nei punti che seguono ho voluto sottolineare tre errori tecnologici che ostacolano l’adozione e il successo di un piano di Smart Working:

Errore #1: Basta un PC.
Il PC portatile è uno strumento fondamentale per abilitare la produttività individuale e la mobilità delle persone. Oggi con applicazioni di Collaboration (es. Jabber, Spark, Webex) possiamo abilitare chat, voce, video e condivisione di documenti direttamente sul nostro laptop.

Questo tipo di strumento, perfetto per la produttività personale, non è adatto nei frequenti scenari di collaborazione tra team soprattutto quando più persone sono presenti fisicamente in una sala e si devono includere dei partecipanti remoti. Per esempio, se si collega il PC ad un proiettore e si attiva una video chiamata, l’esperienza che si viene a creare è insostenibile a causa di una scarsa qualità audio, di una telecamera personale che non inquadra tutti e di un software pensato per gestire molte altre applicazioni di produttività personale. Anche collegando estensioni periferiche audio/video non migliora la situazione per gli utenti che, anziché concentrarsi sui contenuti della riunione, si troveranno a dover gestire, ogni volta, casse, microfoni, telecomandi, cavi e interfacce software per un risultato ancora non soddisfacente.

Al contrario, per il successo di un progetto di Smart Working è necessario che ogni spazio venga attrezzato tecnologicamente con delle soluzioni hardware e software dedicate alle dimensioni fisiche (es. piccola sala riunioni, auditorium, quiet room …) e alle funzioni di lavoro di quell’ambiente (es. formazione, riunione tradizionale, interviste, consiglio di amministrazione, whiteboarding, esperto remoto …).


Errore #2: È sufficiente collaborare tra colleghi della stessa azienda.
Il tema dell’interoperabilità degli strumenti di collaborazione è un altro elemento sottovalutato. Spesso ci si concentra su strumenti di collaborazione che funzionano bene tra loro, ma che non sono interoperabili in modo semplice e nativo con il mondo esterno, per esempio, con altri clienti, con partner, con fornitori.

Oggi più che mai è fondamentale poter lavorare in team trasversali alle aziende, ed è necessario dotarsi di strumenti che utilizzino protocolli standard e che possano interoperare con il sistema di comunicazione del nostro interlocutore remoto. Per esempio, trovo cruciale per il successo di un progetto di Smart Working poter lavorare da una sala riunioni collegando uno o più clienti che abbiano già allestito degli spazi nella loro azienda con tecnologia video standard oppure, nel caso siano fuori ufficio, mediante un browser dei loro dispositivi personali.

Errore #3: Basta che la tecnologia funzioni all’interno della VPN aziendale.
Le applicazioni che ci permettono di lavorare in “real time” devono essere disponibili su terminali mobili quali laptop, smartphone e tablet. Per poter utilizzare questi strumenti in qualsiasi luogo è fondamentale che queste applicazioni funzionino con la massima sicurezza anche quando si ha un semplice accesso ad Internet, non necessariamente vincolato all’utilizzo di una VPN o alla connettività WiFi aziendale.

L’esperienza di collaborazione mobile, per esempio, deve essere fruibile da reti 3G/4G o reti WiFi esterne indipendentemente dal fatto che l’architettura tecnologica sia basata su soluzioni installate in azienda (On Premise) o utilizzate direttamente da Internet (Cloud). È fondamentale portare sui dispositivi mobili tutti gli strumenti di un “ufficio virtuale” come, per esempio, il numero di telefono fisso aziendale e la capacità di partecipare in video, direttamente dal nostro dispositivo mobile, ad un meeting che sta avvenendo in una sala riunioni del nostro “ufficio fisico”.

La trasformazione del modo di lavorare è sicuramente un percorso fatto a fasi ma, se le basi tecnologiche sono solide, si può procedere ad un’adozione continua ed in linea con l’evoluzione organizzativa.

Solo così si possono raggiungere benefici reali e misurabili di quello che oggi viene genericamente chiamato Smart Working.

Authors

Enrico Miolo

Collaboration Sales Specialist

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