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Città del futuro e futuro delle città: per un sistema urbano della tracciabilità alimentare


17 June 2014


Nel mese di aprile presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, Wired ha organizzato l’evento Smart People & Smart Cities: due giorni di incontri, discussioni, laboratori, per parlare di come saranno le città del futuro, di come possiamo cambiarle, in quali aree dovremo intervenire per migliorare i luoghi dove abitiamo.

Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo“: Alan Kay, un informatico statunitense disse questa frase nel 1971 rispondendo a in collega durante una riunione.

La mia riflessione alla due giorni milanese parte da questo invito all’immaginare e a costruire mondi possibili. Stiamo vivendo, come comunità, un momento storico molto particolare (e molto fragile per molti aspetti), caratterizzato, da un lato, da grandi conquiste in molti campi del sapere e, dall’altro, afflitto da incoerenze stridenti e da problemi globali, complessi e interdipendenti.

Siamo nel 21esimo, definito il secolo delle città. Oltre il 50% della popolazione mondiale vive attualmente in un contesto urbano. Nelle aree cosiddette “sviluppate” del mondo la percentuale poi sale a quasi l’80%, per intenderci 3 persone su 4. E il trend di urbanizzazione è in continua crescita come quello demografico. Nel 2050 il nostro pianeta ospiterà 9 miliardi di persone.

La domanda che mi pongo è: siamo pronti all’impatto?

Urbanizzazione e crescita demografica confermano la centralità delle città ma non sono gli unici dati rilevanti. Il 75% del consumo energetico mondiale è imputabile a consumi urbani, mentre l’80% delle emissioni di gas serra e di CO2 proviene dalle città. Questi dati dimostrano che le città sono interessate da fenomeni e dinamiche di proporzione globale e complessità assoluta; ma vivendo direttamente questi problemi sono anche le perfette candidate per creare soluzioni e inventare futuri possibili per tutti noi, cittadini di domani.

L’ecosistema città è minacciato da molti fenomeni:

– condizioni di vita difficili da gestire e migliorare su larga scala;
– inquinamento e cambiamento climatico;
– comportamenti e modelli di consumo in crisi che costringono a una complessa gestione degli sprechi;
– ultima, ma non di importanza, la salubrità e la sicurezza alimentare in contesto urbano.

È proprio sull’ultimo punto che vorrei concentrare il resto di questa mia riflessione.

Il modello di consumo alimentare si è trasformato radicalmente in pochi decenni, proprio a causa dell’urbanizzazione.

Siamo passati da un modello di consumo diretto, diremmo oggi a km zero, in cui consumatore e produttore avevano un rapporto diretto, quotidiano, non intermediato, basato principalmente su un rapporto di fiducia, a un modello in cui il prodotto acquistato da un cittadino/consumatore è il risultato di un processo industriale strutturato di trasformazione di materie prime in prodotto finito. È l’output di una filiera di produzione alimentare. Questo modello è globale, completamente distribuito e delocalizzato, e totalmente intermediato.In uno scenario di questo tipo è davvero improbabile per il consumatore stabilire o verificare origine, qualità e salubrità di un prodotto alimentare.

Nasce l’esigenza di uno strumento di tracciabilità, chiesto a gran voce e a ragione da tutti gli stakeholder del mercato agro-alimentare:

–        i consumatori/cittadini che hanno bisogno di trasparenza e garanzie di qualità sull’origine e la salubrità degli alimenti;

–        i produttori e i distributori che hanno bisogno di governare e controllare il processo di produzione , qualificare i propri fornitori e garantire l’aderenza agli standard di salubrità e sicurezza;

–        le autorità che devono prevenire i rischi alimentari e le pandemie, isolare focolai e episodi sospetti e intervenire in modo tempestivo ed efficace senza paralizzare l’intero mercato.

Alla base dei recenti scandali alimentari c’e’ l’erronea percezione di avere la situazione sotto controllo, ovvero una percezione illusoria di “governance”. E l’impatto di questa sicurezza fittizia è devastante, sia dal punto di vista sanitario che economico. Il paradosso più assurdo è che il contesto alimentare è talmente eterogeneo e frammentato che neanche la stima del rischio e la valutazione dell’impatto delle emergenze alimentare avviene in modo univoco e condiviso.

Capite quindi quanto sia imprescindibile il valore della tracciabilità in uno scenario come questo.

È necessario un approccio di sistema che garantisca la governance del processo industriale e la tracciabilità completa della filiera produttiva con l’obiettivo di assicurare salubrità e sicurezza alimentare, monitorare la qualità e l’origine degli alimenti, contrastare il fenomeno della contraffazione alimentare e ottimizzare il processo e la produzione industriale.

Tutto questo è possibile solo attraverso l’introduzione pervasiva di tecnologie e infrastrutture tecnologiche abilitanti che ottimizzino il processo industriale e supportino il processo decisionale.

Alcune riflessioni su questo punto: non esiste governance di processo senza la governance

dell’informazione associata al processo: la disponibilità e l’accesso alle informazioni è legato in modo inscindibile all’adozione pervasiva di tecnologie che raccolgano il dato e lo rendano fruibile, secondo l’approccio dell’Internet of Everything, ovvero dell’interconnessione di mondi non nativamente digitali o digitalizzati.

L’asset di un sistema di tracciabilità è l’informazione e la conoscenza che ne deriva, secondo il principio della valorizzazione o patrimonializzazione del dato. Vi sono settori in cui il dato e la sua disponibilità sono commodities: non in questo caso, in cui l’informazione ha valore inestimabile perchè attualmente non viene né raccolta né analizzata. Se facciamo poi un passo in avanti verso un modello di tracciabilità di filiera possiamo identificare un blocco fondamentale di raccolta del dato che si trova alla base della catena di produzione, in campo appunto, dove si trovano le materie prime e dove vengono rilevate le caratteristiche che definiscono la qualità degli alimenti. Questa informazione è necessaria, ma non basta e da sola sarebbe inutile. È fondamentale definire il processo produttivo e i vincoli a cui questo deve attenersi.
I dati vengono quindi raccolti, analizzati e correlati con strumenti e piattaforme tecnologiche che seguono i trend attuali: cloud computing, big data, analytics e business intelligence. Elemento fondamentale di un modello di tracciabilità è l’accesso alle informazioni e la trasparenza del dato di filiera. Tutti gli stakeholder devono avere pieno e libero accesso alle informazioni, secondo il modello Open Data. Ciascuno di loro avrà necessità di accedere a viste informative diverse perché diversi sono i driver che li spingono, ma ciascuno di essi ha lo stesso diritto di accesso alla conoscenza.

Se applichiamo questo modello di tracciabilità a una filiera completa faremo un vero e proprio viaggio dal campo alla tavola, prendendo appunti (ovvero raccogliendo informazioni) lungo la via.

Tutte queste informazioni sono condensate all’interno del prodotto e liberamente accessibili dal consumatore. Parliamo di digital food ID, ovvero di una identità digitale, di un passaporto digitale del prodotto che racconta una storia molto personale e molto precisa: è l’esatta biografia di uno specifico prodotto e del processo di trasformazione che ha subito lungo la filiera.

Per il consumatore rappresenta una vera e propria garanzia di origine e qualità del prodotto.

Il momento è favorevole per parlare di tracciabilità. Milano e non solo è in fermento per l’Expo2015 che avrà come tema proprio la Nutrizione e la sicurezza alimentare.

Siamo giunti alla fine del percorso: spero di avervi trasmesso l’importanza e il valore di un modello di tracciabilità alimentare così come spero di aver lasciato in voi l’idea che, nel grande sistema operativo delle città del futuro, è fondamentale inserire e caricare come modulo un sistema urbano di tracciabilità alimentare.

Perchè le città sono e saranno sempre più crocevia di persone, idee, merci e informazioni: le agorà dell’era digitale. Ed è dalle città che devono nascere e fiorire soluzioni: pensate e condivise da tutti noi che siamo cittadini senza frontiere di un futuro che inizia da qui. Ora.

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